Il mese di settembre è stato tutto sommato neutrale per i mercati obbligazionari ed azionari: l’indice MSCI World dei mercati azionari ha perso lo 0,37% in euro in quanto la modesta flessione di Usa ed Europa ha più che compensato gli ulteriori recuperi dei mercati asiatici ed emergenti. I mercati azionari europei sono le uniche asset class con il segno meno da inizio anno.
L’asset allocation da noi favorita rimane estremamente prudente, con una componente azionaria limitata al 10% del portafoglio preferito.
SOMMARIO
Lo scenario macro di riferimento è immutato, con l’economia USA che dovrebbe crescere intorno al 2% nel terzo trimestre (le previsioni erano superiori al 3,5% a inizio agosto) e quella europea intorno all’1,4%
Si apre un mese molto incerto per i mercati a poche settimane dalle elezioni americane, il cui esito imprevedibile dovrebbe ridurre la propensione al rischio degli investitori. I mercati hanno superato brillantemente il test dei risultato del referendum inglese, ma avranno maggiori problemi a superare lo scoglio delle elezioni USA, del probabilissimo rialzo dei tassi da parte della Fed in dicembre e la crisi del settore bancario europeo in una fase di utili aziendali che non crescono.
Rimangono molto vulnerabili anche i mercati obbligazionari, in quanto vista la lentezza della Fed nel normalizzare la politica monetaria potrebbe essere il mercato stesso a praticare la necessaria stretta monetaria spingendo al rialzo i rendimenti a lungo termine.
MERCATI AZIONARI
Wall Street ha chiuso il mese di settembre in leggero ribasso e rimane su valutazioni storicamente molto elevate: per l’indice S&P 500 gli utili “as reported” del secondo trimestre sono stati pari a 23,28 dollari, con un aumento del 2% sullo stesso trimestre dell’anno scorso. Le previsioni per gli utili del 2017 sono state ancora ritoccate al ribasso, a 121,93 dollari, e pertanto il mercato americano viene valutato 17,8 volte gli utili del prossimo anno. Gli utili degli ultimi quattro trimestri sono però stati pari a 86,88 dollari e pertanto il P/E attuale è pari a 25 volte gli utili degli ultimi 12 mesi.
Il rialzo del mercato continua quindi ad essere sostenuto dall’aumento del rapporto prezzo/utili (grafico a destra).
Le aspettative di un miglioramento dell’economia americana nel terzo trimestre dopo il +1,4% di crescita del secondo sono state notevolmente ridimensionate con l’arrivo dei dati degli ultimi due mesi: il modello della Fed di Atlanta prevedeva a inizio agosto una crescita del 3,8%, mentre mercoledì 5 ottobre le previsioni erano scese al 2,2% (grafico in basso).
Lo scenario macro americano non favorisce un rialzo del mercato azionario, e al contrario utili che non crescono e rendimenti in aumento giustificano rapporti prezzo/utili meno elevati.
Perché gli indici possa salire ancora è necessario che ripartano al rialzo i pochi titoli che hanno sinora guidato il mercato come Google (grafico a destra) e Facebook: lo scorso mese di sono fermati e anche gli indici si sono mossi lateralmente.
I mercati europei hanno in più il problema della crisi del settore bancario da affrontare e questo spiega la divergenza tra il mercato americano e quelli europei, oltre al fatto che il mercato americano è trainato dai giganti Internet che mancano tra i mercati europei. Modeste le prospettive dei mercati asiatici visti i segnali di rallentamento dell’economia cinese.
OBBLIGAZIONI
Il mese di settembre è stato neutrale per i mercati obbligazionari internazionali, con gli high yield che hanno fatto un po’ meglio dei titoli di Stato. I rendimenti dei decennali americani sono rimasti intorno all’1,6% (grafico in basso a destra), mentre quelli giapponesi e tedeschi sono rimasti appena sotto quota zero. In aumento invece i rendimenti italiani sui timori che la BCE riduca gli acquisti di titoli il prossimo anno.
I mercati obbligazionari non hanno reagito minimamente ai segnali di rafforzamento delle pressioni inflazionistiche, in parte perché la banca centrale americana ha rimandato nuovamente il rialzo dei tassi e la Bank of Japan prosegue nella politica di accomodamento monetario fuori dal comune insieme alla BCE.
I dati sull’inflazione americana di agosto hanno però mostrato un aumento del tendenziale dell’1,06% da 0,84% di luglio e l’indice “core” che esclude energia ed alimentariè salito del 2,32%. Come si può notare dal grafico in basso sono evidenti le pur modeste pressioni inflazionistiche escludendo i prezzi energetici. Nell’area euro il tasso di inflazione è salito allo 0,42%.
I mercati ora valutano al 60% la probabilità di un rialzo dei tassi americani in dicembre e l’impatto dovrebbe essere molto modesto. Più significativo sarebbe invece l’impatto sui rendimenti a lungo termine di una accelerazione del tasso di inflazione negli USA, in quanto diventerebbe evidente l’incapacità della banca centrale e i mercati opererebbero una stretta monetaria per conto loro.
Attenzione poi al prezzo del petrolio: si sta avvicinando pericolosamente al massimo dell’anno appena sotto ai 52 e il superamento di questa barriera sarebbe un segnale moltopositivo per il greggio, ma con implicazioni inflazionistiche evidenti.