Per i prossimi mesi ci attendiamo un rialzo superiore al 10% dei mercati europei, ma le valutazioni appaiono già troppo elevate ed è sconsigliabile aumentare l'esposizione azionaria per sfruttare questo possibile rialzo. Rimangono ancora più elevate le valutazioni di Wall Street.
Il rialzo dei rendimenti obbligazionari si è fermato in aprile, ma dovrebbe riprendere nei prossimi mesi, pur limito dagli acquisti della BCE.
L'esposizione azionaria del portafoglio da noi preferito rimane ferma al 25%.
MERCATI AZIONARI
I mercati azionari hanno guadagnato terreno anche nel mese di aprile, con guadagni più accentuati per i mercati europei che per quello americano nonostante il rally dei titoli tecnologici. Gli indici europei hanno superato importanti resistenze e hanno spazio per guadagnare un altro 10-15% nei prossimi mesi, giustificando quindi un aumento dell’esposizione su questi mercati in un’ottica però di breve periodo.
Lo scenario macro non presenta fattori di novità, con la crescita europea stabile intorno all’1,7% e quella americana che ha confermato il rallentamento nel primo trimestre allo 0,7% preliminare, ma che dovrebbe mostrare un tasso di crescita più vicino al 2% nel secondo trimestre.
La valutazione del mercato americano rimane storicamente molto elevata, con un rapporto P/E a 23,6 volte gli ultimi degli ultimi 12 mesi: questo rapporto è fermo da oltre un anno, e mentre prima il mercato azionario saliva senza un aumento degli utili, quindi con una semplice salita del rapporto, negli ultimi mesi è salito insieme agli utili (grafico in alto a destra), che nel primo trimestre di quest’anno dovrebbero mostrare un incremento del 22% sullo stesso trimestre del 2016 e del 9% sull’ultimo trimestre del 2016. Il mercato sconta utili di 133 dollari per l’indice S&P500 per il 2018 contro i 94 dollari del 2016 (grafico in basso a sinistra).
Il rialzo del mercato americano è stato sostenuto dai principali titoli Internet, da Google ad Amazon e Facebook, i cui rialzi da inizio anno sono stati intorno al 30%. L’indice S&P500 guadagna invece solo il 6%: gli Healthcare salgono più o meno come l’indice, i principali titoli bancari sono rimasti fermi e i colossi petroliferi perdono il 10% da inizio anno. In altre parole il +6% dell’indice nasconde variazioni molto divergenti tra i vari settori.
Le valutazioni elevate del mercato americano consigliano prudenza e giustificano un’esposizione modesta.
I flussi dei capitali stanno dirigendosi verso i mercati europei e questo spiega la posizione tecnica positiva e giustifica aspettative di ulteriori rialzi nei prossimi mesi, ma anche le valutazione dei mercati europei sono elevate: i principali titoli tedeschi trattano intorno a venti volte gli utili e i migliori titoli growth europei intorno a 35/40 volte gli utili.
Nonostante quindi sia probabile un ulteriore rialzo dei mercati europei preferiamo evitare di aumentare l’esposizione azionari mantenendola al 25%, essendo quelle attuali valutazioni troppo elevate per essere sostenibili nel medio termine: entrando sui mercati azionari a questi livelli non ci si può attendere grandi performance nei prossimi mesi o trimestri. Meglio attendere una correzione significativa o che i rapporti P/E sccendano a livelli più interessanti.
MERCATI OBBLIGAZIONARI
I mercati obbligazionari sono rimasti abbastanza fermi nel mese di aprile, con il rendimento del decennale tedesco invariato a 0,32% e quello del BTP poco mosso a 2,28%. In discesa di 10 basis invece quello del Treasury decennale a 2,28% a seguito di una serie di dati macro americani più deboli del previsto, confermati dal dato sulla crescita del PIL nel primo trimestre allo 0,7% annualizzato. E’ però probabile una accelerazione nel secondo trimestre grazie alla componente della spesa dei consumatori, che è stata quella che ha frenato la crescita nel primo trimestre.
In aprile si è assistito a un significativo rialzo dell’inflazione nell’eurozona soprattutto per l’indice “core”, all’1,23%: si tratta del massimo da inizio 2013 (grafico in alto a destra). L’indice globale è salito all’1,87%, ma rimane sotto al 2% di febbraio. E’ da attendersi un aumento anche dell’inflazione USA in aprile dopo la flessione di marzo al 2,38%.
Mentre i dati macro americani hanno mostrato un sensibile rallentamento nel corso del primo trimestre, quelli europei sono stati molto più stabili, con la crescita del PIL all’1,7% come nel quarto trimestre del 2016. Da molti trimestri la crescita sul trimestre precedente è stabile intorno allo 0,45%. Si tratta di un tasso di crescita vicino al potenziale di lungo termine ed ha permesso al tasso di disoccupazione di scendere in marzo al 9,5% dal 10,2% dell’anno prima.
Nonostante i dati macro positivi i rendimenti europei rimangono molto bassi grazie agli acquisti mensili di 60 miliardi di euro da parte della BCE, che non ha segnalato ancora la volontà di ridurre ulteriormente tale ammontare. Gli analisti non si attendono tale annuncio prima della riunione di giugno quando saranno disponibile le nuove proiezioni della BCE.
E’ difficile ipotizzare nel breve un rialzo dei rendimenti europei senza una diminuzione degli acquisti della banca centrale, ed è probabile che si debba attendere a dopo l’estate per assistere a un rialzo dei rendimenti dell’area euro.
Dopo l’estate è comunque probabile un ritorno del rendimento del decennale tedesco all’1,0% (grafico in alto a destra). Il rendimento del decennale italiano, a differenza di quello tedesco, ha già superato in marzo il massimo del 2015 a 2,5% pur non chiudendo il mese sopra tale livello. Le condizioni di finanza pubblica giustificano una risalita verso l’obiettivo successivo a 3,2% (grafico a sinistra).
Anche le prospettive per i rendimenti americani sono orientate al rialzo e in questo caso l’obiettivo è il massimo di inizio 2014 al 3,0% (grafico in basso). Al momento è difficile ipotizzare rendimenti sopra questo livello visti i tassi di crescita modesti delle economie occidentali e tassi di inflazione intorno al 2%.
Da notare come nel caso americano sia la parte intermedia della curva a non essersi adeguata allo scenario di inflazione più robusta e tassi a breve in aumento: i tassi a due anni all’1,27% non sono compatibili con la traiettoria di rialzo dei tassi a breve indicata dalla Federal Reserve.