28/08/2017

Settimana densa di dati macro

La settimana appena iniziata è particolarmente densa di dati macro, ma è improbabile che questi mutino lo scenario di riferimento e che cambino i trend principali, che sono orientati al ribasso per il dollaro e per i rendimenti americani, e cedenti anche per i mercati azionario, anche se in questo caso mancano ancora le conferme tecniche di una discesa degli indici sotto ai primi livelli di supporto.

Giovedì uscirà il dato della stima preliminare dell’inflazione di agosto dell’area euro, preceduti il giorni prima da quelli per la Germania.  Gli analisti non si attendono variazioni significative da questi dati, e il tasso di crescita dell’indice “core” dovrebbe rimanere fermo all’1,2%, mentre l’indice globale potrebbe salire leggermente da 1,3% a 1,4%.  Siamo ancora molto lontani dal 2% obiettivo della Bce e il dato potrebbe ridimensionare i timori che già in ottobre la banca centrale annunci una riduzione degli acquisti di titoli.  Lo scenario più probabile rimane quello di una riduzione da 60 a 30 miliardi di euro di acquisti di titoli dall’inizio del 2018 terminando il programma a metà anno.

Venerdì primo settembre saranno poi annunciati i dati sulla disoccupazione americana di agosto, e le previsioni sono per un aumento intorno alle 180-190 mila unità, più o meno in linea con la media dei primi sette mesi a 184 mila.  Il tasso di disoccupazione dovrebbe rimanere fermo al 4,3%, mentre il tasso di crescita dei salari è atteso in leggero aumento al 2,6%.  Sorprende il fatto  che nonostante il mercato del lavoro continui a generare un numero notevole di nuovi posti di lavoro dopo nove anni di crescita, l’aumento dei salari non dia segnali di accelerazione.

Un altro dato importante è quello di giovedì della spesa dei consumatori americani di luglio, che rappresenta un terzo del PIL: le previsioni sono per un +0,4% mensile dopo il +0,1% di giugno, ma gli investitori guarderanno anche al tasso di crescita del deflatore della spesa “core”, che dovrebbe scendere dall’1,5% all’1,4% del mese precedente.

Il fatto che non emergano pressioni inflazionistiche dovrebbe ridimensionare il rischio di un rialzo dei tassi da parte della Federal Reserve entro la fine dell’anno (attualmente stimata al 40%) mantenendo il dollaro su di in trend ribassista e spingendo i rendimenti dei Treasurys decennali sotto ai minimi degli ultimi mesi (grafico in alto a destra).

E’ quindi poco probabile che la serie di dati di questa settimana cambi lo scenario di riferimento, e una cambiamento dei trend potrebbe solo venire dal fronte politico: Donald Trump è apparso piuttosto loquace nelle ultime settimane parlando di riforma fiscale, uscita dall’accordo Nafta con il Canada e il Messico e di muri on il Messico e il rischio maggiore per i mercati proviene da questo fronte.

© 2001-2022 CFS Rating Tutti i diritti sono riservati

I dati le informazioni e le elaborazioni sono proprietà di CFS Rating, nessuna garanzia viene data in merito alla loro accuratezza, completezza e correttezza.

I dati e le elaborazioni pubblicate nel presente sito non devono essere considerate un'offerta di vendita, di sottoscrizione e/o di scambio, e non devono essere considerate sollecitazione di qualsiasi genere all'acquisto, sottoscrizione o scambio di strumenti finanziari e in genere all'investimento.