Anche nel mese di ottobre è proseguito il rialzo dei mercati azionari, senza alcun segnale di interruzione del trend rialzista principale.
Da notare come nonostante l’inizio della riduzione dell’attivo da parte della Federal Reserve e le prospettive di un altro rialzo dei tassi in dicembre, i buoni dati macro americani e il rialzo di Wall Street i rendimenti dei Treasurys a lungo termine rimangano sotto ai livelli da inizio anno. I rendimenti reali sono comunque troppo bassi e ci attendiamo una risalita dei rendimenti nei prossimi mesi oltre il 2,6% per i decennali americani.
L’unico problema per i mercati azionari è il livello delle valutazioni storicamente molto elevato, con rapporti prezzo/utili che scontano aumenti notevoli degli utili aziendali futuri: ad esempio le aspettative per gli utili dell’indice SP500 sono per un aumento del 15,7% degli utili nel 2018 dopo il +20% dell’anno in corso (grafico a destra).
Quota 2600 per l’indice SP500 è però un obiettivo di medio termine che dovrebbe essere seguito da una fase di consolidamento o correzione che durerà qualche mese.
I MERCATI AZIONARI
Anche il mese di ottobre è stato favorevole ai mercati azionari, con un rialzo del 2,2% dell’indice SP500 che porta al 15% la crescita da inizio anno. L’indice DAX del mercato tedesco guadagna il 15,2% da inizio anno (grafico a destra) e il CAC40 francese il 13,2%. Lo scenario macro di riferimento rimane favorevole ai mercati azionari, in quanto prosegue la crescita globale e non ci sono segnali di accelerazione delle pressioni inflazionistiche: i rendimenti a lungo termine rimangono pertanto a livelli nominali e reali molto bassi.
Particolarmente positive le trimestrali dei principali titoli tecnologici americani, da Google alla Apple, con aumenti degli utili intorno al 30% rispetto allo stesso trimestre dell’anno scorso. Meno brillanti le trimestrali della old economy, soprattutto di titoli come General Electric, ma il peso dei tecnologici è tale da permettere a pochi titoli di sostenere l’intero mercato: Apple è arrivata a capitalizzare 885 miliardi di dollari.
Anche i mercati asiatici ed europei hanno toccato nuovi massimi o livelli che non si vedevano da 20 anni (come per il mercato giapponese) e solo il mercato italiano rimane sotto ai massimi del 2015: i timori che la BCE imponga criteri più rigidi per le valutazioni delle sofferenza hanno pesato sul settore bancario, che ha un peso notevole all’interno dell’indice italiano.
Dal fronte macro provengono notizie rassicuranti sulla congiuntura globale, con tassi di crescita vicini al 3% negli Stati Uniti nel secondo trimestre e del 2,5% per i paesi europei e la lenta inversione di rotta delle politiche monetarie al momento non sta avendo alcun impatto sulla crescita.
Nonostante lo scenario favorevole dal fronte macro e degli utili aziendali continuiamo a favorire un’asset allocation prudente con un peso dell’azionario limitata al 25% del totale, in quanto le valutazioni sono troppo elevate per giustificare una esposizione maggiore. Wall Street tratta attualmente a 23,5 vole gli utili degli ultimi 12 mesi. I mercati azionari asiatici hanno poi raggiunto importanti resistenze e una una pausa appare giustificata.
I MERCATI OBBLIGAZIONARI
I mercati obbligazionari al momento non sembrano risentire affatto della fase restrittiva della politica monetaria americana: in ottobre l’attivo della Federal Reserve è diminuito di 10 miliardi di dollari e da gennaio diminuirà di 20 miliardi al mese. E’ inoltre è probabile un nuovo rialzo dei tassi americani in dicembre, ma i rendimenti dei Treasury decennali dopo aver toccato un massimo a 2,47% a fine ottobre sono ridiscesi velocemente al 2,33% nonostante i dati macro in rafforzamento. Evidentemente l’assenza di segnali di accelerazione delle pressioni inflazionistiche tranquillizza gli investitori, ma con il petrolio nuovamente in rialzo a 56 dollari al barile ci sembra che il rischio maggiore sia per ulteriori aumenti dei rendimenti verso il 2,60% e oltre.
I rendimenti europei dovrebbero rimanere invece sui livelli depressi attuali, visto che la BCE ha esteso per altri 9 mesi il programma di acquisto di titoli pur riducendone l’ammontare: un rialzo dei tassi nell’area euro non è previsto prima del 2019 e pertanto i rendimenti rimarranno a livelli molto bassi ancora per mesi, con un impatto negativo sull’euro.