Il mercato azionario americano ha chiuso ieri contrastato con l’indice Sp500 in rialzo dello 0,15% e il Nasdaq che ha perso lo stesso ammontare. In maggiore ribasso l’indice Russell 2000 dei titoli a minore capitalizzazione (grafico in basso).
La notizia della sconfitta repubblicana all’elezione del senatore dell’Alabama ha leggermente indebolito il dollaro, ma non sembra impensierire significativamente i mercati nonostante riduca a un solo seggio la maggioranza repubblicana complicando non poco l’iter della riforma fiscale.
In rialzo i mercati asiatici, con Hong Kong che guadagna l’1,62% e solo Tokyo in ribasso di mezzo punto percentuale nonostante i dati macro favorevoli. I mercati europei aprono invece in leggero ribasso.
L’attenzione è oggi rivolta al dato dell’inflazione americana di novembre, attesa in rialzo al 2,2% dal 2,0% di ottobre, e dalla fine della riunione della Federal Reserve, che dovrebbe portare a un nuovo rialzo dei tassi di un quarto di punto.
Salgono ancora i rendimenti dei Treasurys a due anni, questa mattina all’1,835%, mentre quelli dei decennali tornano al 2,4% senza però mostrare un trend direzionale: sono mesi che oscillano intorno a questo livello all’interno di una trading range molto ridotta.
Il dato sull’inflazione Usa dovrebbe spingere al rialzo sia i rendimenti che il dollaro, ma sarà importante la proiezione dei tassi allegata al comunicato della Federal Reserve per capire se la banca centrale americana proseguirà anche nel 2018 con altri tre rialzi dei tassi o se preferirà attendere che l’inflazione “core” salga al 2,0%. I mercati stanno al momento scontando solo un rialzo di un quarto di punto nel corso del 2018.
Tecnicamente il mercato americano si sta avvicinando a un massimo di medio termine, che per l’indice SP500 dovrebbe essere nell’area 2680/2700, mentre i mercati europei sembrano aver già fatto segnare i massimi del 2017.