L’Euro/dollaro ha messo a segno un notevole rialzo nel corso del 2017 sino a 1,2550 dopo aver toccato un minimo a inizio anno a 1,0330 (grafico a destra).
Il recupero dell’euro ha sorpreso gli investitori in quanto si è accompagnato a un cambiamento di rotta della politica monetaria della Federal Reserve mentre quella della BCE rimaneva espansiva, il che ha portato un notevole ampiamento dello spread di rendimento tra il Treasury e il Bund a due anni, attualmente a favore del dollaro per il 3,14% (grafico in basso, la linea rossa è lo spread).
Vari fattori sono in grado di spiegareil movimento rialzista dell’euro dell’anno scorso. Innanzitutto il notevole surplus delle partite correnti dell’area euro, che ha toccato i 407,7 miliardi di euro nei 12 mesi sino a marzo 2018, vale a dire il 3,6% del PIL. Non è però un fattore sufficiente, perché la bilancia commerciale è stata in attivo anche durante la fase discente dell’euro iniziata a quota 1,380 nell’aprile 2014, anche se per un ammontare inferiore.
Un altro fattore significativo è che la fase discendente dell’euro è stata accompagnata da notevoli posizioni ribassiste degli operatori non commerciali, e la chiusura delle posizioni ha quindi agito nella stessa direzione dei flussi commerciali nel corso del 2017. Attualmente gli operatori non commerciali sono invece orientati a favore dell’euro nonostante il notevole costo di tali posizioni.
La fase di recupero dell’euro è poi giustificata anche dal miglioramento della congiuntura dell’area, che però sta dando segnali di indebolimento: questo spiega la correzione dell’euro negli ultimi mesi.
Cosa attendersi per i prossimi mesi?
Nel breve termine è probabile un recupero di qualche settimana dell’euro dal minimo fatto segnare la scorsa settimana 1,1500 e questo recupero potrebbe anche estendersi sino a quota 1,200, ma dovrebbe poi essere seguito da un nuovo movimenti ribassista che porti l’euro a toccare un minimo più significativo: l’obiettivo ideale sarebbe intorno a 1,120 che rappresenterebbe un retracement del 61% del rialzo da 1,0330 a 1,255.
Un minimo intorno a tale livello dovrebbe essere poi seguito da una fase rialzista spiegabile con il cambiamento di politic monetaria della BCE verso la fine dell’anno, e questa fase rialzista dovrebbe spiengere l’euro oltre il massimo di quest’anno.
Le implicazioni per gli investitori sono che nel breve termine le posizioni a favore del dollaro non presentano grossi rischi essendo probabile si tocchino valori sotto quota 1,1500 nei prossimi mesi, ma sotto questo livello i rischi diventerebbero notevoli.