I mercati finanziari hanno ottenuto quanto volevano dalla Federal Reserve: la banca centrale americana non ha più dichiarato di essere paziente nell’attesa di nuovi rialzi dei tassi, ma al contrario ha aperto alla possibilità di un ribasso nel corso della seconda metà dell’anno.
La reazione del mercato azionario è stata tutto sommato modesta con il DowJones che ha guadagnato lo 0,15% e l’SP500 lo 0,30% a 2926,46 punti (grafico a destra): è stata invece sorprendentemente ampia quella del mercato obbligazionario, segno che l’inversione della posizione della Fed non era affatto scontata. Il rendimento del Treasury decennale è sceso sotto al 2% e questa mattina apre a 1,99% e quello del 30 anni scende al 2,17%, rendimenti che si confrontano con il Libor a tre mesi al 2,5%: i mercati scontano quindi una riduzione di almeno un punto dei tassi a breve nei prossimi mesi, ma i dati macro al momento non segnalano una recessione in arrivo tale da giustificare tale movimento.
Il rendimento del Treasury biennale è crollato all’1,72% (grafico in basso).
I tecnologici americani hanno chiuso contrastati, con Amazon in rialzo a 1908,79 dollari e Microsoft su un nuovo massimo storico a 135,69 dollari, ,a Apple e Facebook hanno perso circa mezzo punto. Il ribasso dei rendimenti obbligazionari ha spinto invece al rialzo il settore delle utilities.
Positivi anche i mercati asiatici con Shanghai che guadagna il 2,3% sulle aspettative per l’incontro tra Trump e il presidente cinese al G20 di fine mese, mentre Tokyo ha chiuso a +0,6% a Hong Kong a +1%. Im rialzo anche i mercati europei e i futures sugli indici americani, che segnalano un’apertura a +0,5%.
La reazione dei mercati si è sentita anche sul mercato dei cambi, con il dollaro che ha perso contro tutte le altre valute: l’euro risale a 1,1270 ed è soprattutto lo yen a guadagnare terreno a 107,70 e il dollaro canadese a 1,3230 grazie al rally dei prezzi petroliferi.
Ieri il dato delle scorte americane della scorsa settimana ha mostrato finalmente una contrazione di 3,1 milioni di barili dopo due settimane di forte aumento, e il greggio WTI ha superato la prima resistenza a 55 dollari e questa mattina si è avvicinato a quella successiva a 56 dollari. Lo spread con il Brent si è ridotto a otto dollari al barile. Lo spazio al rialzo è limitato comunque dal livello elevato delle scorte e dal rallentamento della domanda globale e la barriera dei 56 dollari sarà difficile da superare.
La flessione del dollaro e dei rendimenti obbligazionari ha fatto volare l’oro a 1386 dollari l’oncia, un rialzo di 100 dollari in tre settimane.
Dopo i fuochi artificiali di ieri la giornata odierna dovrebbe essere più tranquilla in assenza di dati macro significativi se non le richieste di sussidi di disoccupazione USA settimanali e il survey della Fed di Philadelphia. In mattinata avremo anche la riunione della Bank of England, che dovrebbe lasciar fermi i tassi allo 0,75%.