26/01/2022

Lombard Odier: l’aumento dei tassi non cambia ancora lo scenario per gli investitori

CIO Viewpoint: L’aumento dei tassi non cambia ancora lo scenario per gli investitori

I punti chiave

  • L’annuncio della Fed di voler ridurre il bilancio ha sorpreso i mercati ed ah avviato la normalizzazione della politica monetaria.
  • Condizioni monetarie più rigide aprono a una nuova fase del ciclo economico
  • I rendimenti reali stanno crescendo negli Stati Uniti, ma restano storicamente bassi
  • Il nostro posizionamento di portafoglio privilegia le azioni man mano che la crescita rimane solida. Nel reddito fisso preferiamo il credito asiatico in dollari e il debito cinese denominato in renminbi.

 

La Federal Reserve statunitense, tormentata dal “taper tantrum” del 2013, ha fatto di tutto per comunicare i cambiamenti di politica monetaria durante la pandemia. Dopo aver preparato i mercati a una maggiore normalizzazione per contrastare l’inflazione elevata, a gennaio la Banca Centrale ha sorpreso gli investitori annunciando la necessità di ridurre il bilancio. L’inasprimento delle condizioni monetarie, insieme a tassi più elevati, inaugura una nuova fase del ciclo.

 

Dato che a dicembre il tasso di inflazione negli Stati Uniti ha raggiunto i massimi storici in 39 anni, attestandosi al 7%, contenere i prezzi è diventata una priorità assoluta. Lael Brainard, governatore della Federal Reserve, ha affermato che riportare l’inflazione al target del 2% senza intaccare la ripresa del paese è il “principale compito” della Banca Centrale.

 

Questo obiettivo non è del tutto nuovo. A dicembre infatti la Fed ha smesso di considerare l’inflazione come un fenomeno “transitorio” e ha iniziato a spingere per un aumento dei tassi, considerando che i dati segnalavano degli effetti di spill-over più ampi. Quando il target di inflazione media (AIT - average inflation targeting) ha permesso alla Fed di guardare oltre i picchi di breve termine, il vigore del rimbalzo economico del 2021, insieme ai problemi della catena di approvvigionamento e il rialzo dei prezzi dell’energia, ha contribuito a rendere la normalizzazione un’azione estremamente necessaria.

Per rispondere all’inflazione elevata e alla rapida ripresa dei mercati del lavoro, la Fed ha dichiarato che prevede di porre fine al programma d’emergenza di acquisto di asset a marzo e ha segnalato almeno tre rialzi del tasso d’interesse di riferimento nel 2022. Il rendimento dei Teasury a 10 anni è salito all’1,78% quest’anno, un livello che non veniva registrato da prima della pandemia, con precisione a gennaio 2020. Anche il Bund tedesco equivalente è salito, per essere scambiato vicino allo zero per la prima volta da maggio 2019, raggiungendo un rendimento del -0,09% la seconda settimana di gennaio.

 

Tuttavia le voci sulla riduzione delle dimensioni del bilancio - pubblicate il 5 gennaio nelle minute del meeting della Fed di dicembre - sono state un po’ una sorpresa. Grazie gli acquisti di asset, la Fed ha più che raddoppiato il bilancio dall’inizio della pandemia: gli asset totali sono balzati da 4,2 trilioni di dollari a febbraio 2020 a 8,8 trilioni di dollari all’inizio di quest’anno, pari al 40% del prodotto interno lordo del paese.

 

I rendimenti reali iniziano a muoversi

 

Ma perché questo è importante per gli investitori? Durante la pandemia, la strategia congiunta di acquisto di titoli sovrani - limitando il pool di asset “sicuri” a disposizione degli investitori - insieme ai tassi di interesse storicamente bassi, ha calmato i mercati e spinto gli indici azionari a livelli record. Ora che quel sostegno si sta allentando e i tassi stanno per salire, i rendimenti reali - corretti per l’inflazione - stanno iniziando a muoversi e questo avrà implicazioni in tutte le asset class.

In termini economici, non ci resta che domandarci quando gli aumenti dei tassi inizieranno a frenare la crescita degli Stati Uniti. Come risposta, possiamo guardare al costo del capitale, confrontando la crescita del potenziale produttivo dell’economica con i tassi di interesse a 10 anni corretti per l’inflazione. I tassi reali sono saliti da -1% all’inizio di quest’anno a circa -0,75% attualmente, il loro livello più alto in nove mesi e, nonostante il rialzo, rimarranno bassi in termini storici. Anche i tre rialzi dei tassi di 25 punti base previsti per il 2022 potrebbero far fatica a portare i tassi reali statunitensi in territorio positivo nel 2022. Il ciclo precedente ha raggiunto il picco nel 2018 con tassi reali all’1% e il tasso nominale a 10 anni al 3%.

Nel frattempo, dall’altra parte dell’Atlantico, anche la Banca Centrale Europea prevede di porre fine al programma di acquisto di asset legato alla pandemia a marzo, ma ha aggiunto che non prevede di aumentare i tassi quest’anno. La Bank of England ha iniziato il ciclo di rialzo dei tassi a dicembre con un aumento di 15 punti base. Al contrario, la People’s Bank of China si sta muovendo nella direzione opposta, allentando la politica monetaria per difendere la crescita economica, che ha rallentato nel 2021.

Prepararsi a tassi più alti 

Cosa comporta questo per le asset class? Prevediamo che le azioni registreranno una buona performance in tutto il 2022, assorbendo l’impatto dei rialzi dei tassi finché la crescita economica e l’attività rimarranno solide. In questo contesto inflazionistico, gli investitori favoriranno le aziende che sono maggiormente in grado di proteggere i loro ricavi dall’aumento dei costi. In particolare, vediamo che i titoli value sono ben supportati. In misura minore, anche i nomi ciclici selettivi dovrebbero beneficiare della solida attività economica, mentre le small cap sembrano avere valutazioni interessanti.

Nei passati cicli di rialzo dei tassi, il credito corporate tendeva a sovraperformare il debito sovrano, in scia al restringimento degli spread, assorbendo in parte l’impatto degli aumenti dei tassi. Questo potrebbe essere difficile da ottenere nel 2022. I rendimenti sono complessivamente più bassi e gli spread sono più ridotto rispetto agli standard storici. Con i rendimenti dei titoli di stato destinati a salire nel 2022, ci aspettiamo che entro fine anno i Treasury USA a 10 anni e i Bund tedeschi si attestino rispettivamente al 2,25% e allo 0,25%.

In linea con le aspettative di normalizzazione delle politiche negli Stati Uniti e nell’eurozona, preferiamo in generale le obbligazioni con scadenza breve e il debito corporate a tasso variabile. A livello di asset class, siamo sottopesati sia per titoli di stato e il credito investment grade rispetto al credito asiatico in dollari e il debito cinese denominato in renminbi che offrono possibilità di diversificazione del portafoglio.

 

Mentre i tassi reali rimangono negativi, fattore che implica un costo per detenere liquidità, abbiamo incrementato le nostre posizioni in cash a novembre. In un contesto di volatilità crescente, questo ci permetterà di cogliere le opportunità di investimento per reinvestire in asset di rischio.

L’oro, tradizionalmente il migliore bene rifugio per difendersi dall’inflazione, è stato frenato da un dollaro più forte e dall’aspettativa di tassi più elevati. Storicamente, l’oro tende a soffrire prima che si verifichi il primo aumento dei tassi d’interesse - e ancora di più se il mercato inizia a prezzare i rialzi dei tassi prima del previsto. Una volta iniziato il ciclo di rialzo, la performance dell’oro dipende dal fatto che la politica monetaria continui a concentrarsi sull’inflazione o meno. In generale, più veloce è il calo dell’inflazione e più veloce è la salita dei tassi reali, maggiore sarà la pressione sui prezzi dell’oro. Prevediamo che quest’anno l’oro scenda verso i 1.600 dollari l’oncia e continuiamo ad essere sottopesati.

Altri mercati delle utility, come petrolio, rame e materie prime agricole, subiscono meno l’influenza diretta della politica monetaria, ma una maggiore pressone da parte della crescita dell’attività e dei livelli offerta.

 

A nostro avviso nel 2022 il dollaro si rafforzerà e l’euro si indebolirà, mentre il renminbi dovrebbe rimanere stabile nella prima metà dell’anno. Il cambio euro-dollaro potrebbe rimanere sotto pressione, stimando che la crescita globale rallenti verso il trend e finché la stretta della BCE verrà implementata dopo quella della Fed. Il forte equilibrio esterno della Cina e il fatto che la maggior parte del debito sia finanziato in renminbi dovrebbero limitare la sensibilità della valuta cinese a rendimenti statunitensi più elevati rispetto ad altre valute emergenti.

 

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