Rimaniamo dell’idea che sia consigliabile mantenere un’esposizione modesta sui mercati azionari, puntando sulle utilities dai rendimenti elevati e accontentandosi del 4% offerto dai Treasurys a breve termine. I metalli preziosi dovrebbero ora correggere, ma successivamente potrebbero salire ulteriormente verso un massimo di lungo periodo.

Prosegue la fase laterale dei mercati obbligazionari in assenza di dati sull’inflazione americana, in attesa di quelli dell’area euro di ottobre (previsti per martedì) e del PCE USA di venerdì, che però si riferirà al mese di settembre.
Le dichiarazioni di alcuni esponenti della Fed hanno alimentato le aspettative di un taglio dei tassi a metà dicembre, ma i rendimenti a lungo termine sono scesi solo marginalmente: il rendimento del Treasury decennale ha chiuso il mese al 4,02% (grafico in basso), quello del Bund al 2,69% e quello del BTP decennale al 3,40%.

Da notare come il rendimento del Bund sia vicino ai massimi dell’anno, probabilmente a causa delle previsioni di aumento della spesa pubblica tedesca (grafico in basso).

Le prospettive per i mercati obbligazionari rimangono moderatamente positive, poiché le pressioni inflazionistiche non sembrano rafforzarsi e la congiuntura americana appare in progressivo rallentamento.
Nel lungo termine ci sono due fattori da considerare: il rischio di una nuova crisi del settore finanziario americano e quello di una fuga dai titoli di Stato USA. Si tratta di due elementi in grado di spingere il mercato obbligazionario in direzioni opposte. Riteniamo tuttavia che il rischio di fuga dai Treasurys sia più lontano nel tempo rispetto a quello di una crisi del settore bancario, che gli operatori non stanno affatto considerando come una minaccia significativa.
I default nel settore dei prestiti auto, le difficoltà nel comparto dei prestiti agli studenti, l’enorme esposizione bancaria verso gli operatori finanziari e verso il settore immobiliare commerciale dovrebbero invece essere considerati fattori di rischio significativi.
Nel breve termine i Treasurys a lungo termine offrono rendimenti interessanti, pur tenendo presente il rischio legato al debito americano.
Gli indici americani hanno chiuso il mese di novembre praticamente invariati, ma con guadagni del 16% da inizio anno (grafico in basso).

A metà mese abbiamo assistito a una fase di debolezza legata alle prese di beneficio sui titoli tecnologici, alimentata dai dubbi sui ritorni dei notevoli investimenti in Intelligenza Artificiale. La scorsa settimana sono però tornati gli acquisti, con un recupero degli indici verso i livelli di inizio mese.

In recupero anche le criptovalute, considerate un indicatore dell’appetito per il rischio, con Bitcoin a 95.000 dollari in chiusura del mese.
La posizione tecnica degli indici americani rimane in estremo ipercomprato e continua a suggerire prudenza nell’esposizione rialzista, ma mancano ancora segnali di fine trend: l’indice S&P 500 ha testato nuovamente l’importante supporto a quota 6.550 punti, rimbalzando per la quinta volta.
Anche il DAX tedesco rimane sopra il primo importante supporto e pertanto è ancora presto per attendersi discese significative (grafico in basso).

In ogni caso rimaniamo dell’idea che sia consigliabile mantenere un’esposizione modesta sui mercati azionari, puntando sulle utilities dai rendimenti elevati o accontentandosi del 4% offerto dai Treasurys a breve termine. I timori nei confronti della valuta americana, infatti, ci sembrano esagerati.