A cura di Carlos Casanova, Senior Economist, Asia di Union Bancaire Privée (UBP)
Il PIL dell’India ha superato le attese nel secondo trimestre del 2025, dopo un primo trimestre già solido, grazie a fattori ciclici favorevoli come un’inflazione bassa e i tagli dei tassi da parte della Reserve Bank of India (RBI). Questa performance robusta nella prima metà del 2025 dovrebbe tradursi in una crescita media più elevata entro l’anno. Abbiamo, quindi, rivisto al rialzo le nostre previsioni sulla crescita, portandole dal 6,4% al 6,9% e sul PIL per il 2026, dal 6,3% al 6,5%.
Abbiamo invece rivisto al ribasso la nostra previsione media dell'IPC per il 2025 al 3,1%, con l'inflazione che dovrebbe rimanere al di sotto dell'obiettivo nel breve termine e salire al 4-5% nel 2026, valore che rientra comunque nel range della RBI e non rappresenta un problema per i consumi.
La RBI ha già attuato tre tagli dei tassi nel 2025, tra cui una notevole riduzione di 50 punti base a giugno che porta il totale dei tagli a 100 punti base, ed entro la fine del 2026 sono previsti altri 2-3 tagli. La prossima decisione di politica monetaria è prevista per ottobre ed è altamente probabile una riduzione di 25 punti base. Se le condizioni climatiche nella stagione dei monsoni dovessero rimanere favorevoli, e l’inflazione dovesse restare contenuta, potrebbero esserci ulteriori riduzioni dei tassi anche a dicembre.
Nel 2026, la crescita dovrebbe essere sostenuta da un taglio alle tasse volto a stimolare i consumi e da continui investimenti pubblici nelle infrastrutture, con l'impatto dei dazi di Trump che dovrebbe gradualmente attenuarsi nella seconda metà dell’anno.
Tuttavia, le condizioni fiscali saranno meno accomodanti nel medio termine dopo uno stimolo temporaneo nei prossimi trimestri. Il ministro delle Finanze Nirmala Sitharaman ha introdotto esenzioni fiscali per 10 milioni di famiglie nel suo ultimo bilancio, aumentando al contempo la spesa pubblica per le infrastrutture e riducendo così leggermente il ritmo del risanamento fiscale nel 2025. La politica fiscale resta però vincolata all'impegno dell'India a ridurre il proprio deficit per migliorare le sue prospettive a medio termine.
Questa tendenza dovrebbe continuare ad alimentare gli afflussi verso gli asset indiani, in particolare le obbligazioni, compensando così alcuni cali derivanti dalle tensioni geopolitiche. Inoltre, fondamentali più solidi potrebbero rafforzare gli investimenti diretti esteri in settori chiave come quello manifatturiero e dei servizi alle imprese, soprattutto se accompagnati da riforme volte a liberalizzare questi settori per gli investitori stranieri.
Gli Stati Uniti e l'Unione Europea detengono una quota significativa di proprietà intellettuale in settori quali la tecnologia e la farmaceutica, in cui l'India è ben posizionata per operare come fornitore. Inoltre, la Cina sta valutando il trasferimento di alcune delle sue attività di produzione e assemblaggio a basso valore aggiunto, offrendo competenze nelle catene di approvvigionamento, in particolare nell'elettronica e nei veicoli elettrici, a un costo inferiore. I dazi imposti durante l'amministrazione Trump potrebbero, a lungo termine, rivelarsi vantaggiosi se incentiveranno l'India a perseguire le riforme necessarie a diversificare la propria economia.
Implicazioni per gli investitori
Le prospettive di investimento a lungo termine per l'India rimangono invariate e strutturalmente positive. Prevediamo che il tasso di crescita potenziale dell'India rimarrà compreso tra il 6,5% e il 7,0% nei prossimi dieci anni. Inoltre, il Paese dovrebbe diventare la terza economia mondiale entro il 2030 superando Germania e Giappone, e il quarto mercato di consumi più grande al mondo nel 2027, dopo Stati Uniti, Cina e Unione Europea, distinguendosi però per il ritmo di crescita dei consumi più rapido di tutti.
In termini relativi pro capite, l'India è significativamente indietro rispetto a molti altri mercati emergenti e questo sottolinea la necessità di investimenti sostanziali nell'urbanizzazione e nelle infrastrutture, che dovrebbero portare a tassi di crescita sostenuti nei prossimi decenni.
Sebbene la questione dei dazi non rappresenti una minaccia diretta per la maggior parte delle società indiane quotate in borsa, essa ha un impatto significativo sulle piccole e medie imprese (PMI), con probabili ripercussioni sull'occupazione e sul relativo clima di fiducia. Nonostante queste sfide, la combinazione di misure di allentamento monetario e fiscale ha portato gli analisti a prevedere una ripresa della crescita degli utili al 16% nel 2026. Tuttavia, questo ottimismo dipende dal miglioramento della crescita delle vendite e dei margini nella maggior parte dei settori, elementi che restano ancora da verificare.
Infine, la rupia indiana (INR) è diventata una delle valute asiatiche con le performance più deboli quest'anno, influenzata dal ciclo di tagli dei tassi della RBI, che ha ridotto i differenziali di tasso di interesse con gli Stati Uniti, insieme ai deflussi di portafoglio derivanti dal sentiment debole. Tuttavia, la ripresa dei tagli dei tassi da parte della Federal Reserve nella seconda metà del 2025 potrebbe alleviare in parte la pressione sulla rupia, fornendo potenzialmente un moderato sostegno agli asset indiani.