J. SAFRA SARASIN: Prospettive per le principali valute e l’oro

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A cura di Claudio Wewel, FX Strategist di J. Safra Sarasin

Il 2025 ha visto un aumento della volatilità implicita nelle opzioni FX: i tassi di cambio del G10 hanno superato gli intervalli osservati nel 2024. Alla luce della promessa del presidente Trump di imporre dazi sulle importazioni di merci straniere negli Stati Uniti, all'inizio di quest'anno il mercato era concorde nel prevedere un rafforzamento del dollaro. Invece, nei primi mesi del 2025 il biglietto verde ha subito un calo considerevole, spingendo gli investitori a proteggersi dal rischio di un ulteriore indebolimento. In primo luogo, gli investitori temevano che le politiche dell'amministrazione Trump potessero danneggiare l'economia statunitense nel suo complesso. In secondo luogo, una serie di proposte politiche non ortodosse ha suscitato preoccupazioni. Oltre ai dazi, il governo statunitense ha avanzato l'idea di tassare il reddito derivante dai Treasury detenuti all'estero e di richiedere agli alleati degli Stati Uniti di detenere “obbligazioni secolari” a basso rendimento in cambio di garanzie sulla sicurezza. In terzo luogo, anche gli attacchi dell'amministrazione Trump all'indipendenza della Fed hanno pesato sul dollaro. Da gennaio il dollaro si è deprezzato rispetto a tutte le valute del G10, con la maggior parte della correzione concentrata nella prima metà del 2025.

Riteniamo improbabile che il calo del dollaro possa invertire la rotta e prevediamo che continuerà a indebolirsi nel 2026. Sebbene gli investimenti nell'intelligenza artificiale sosterranno la crescita del PIL statunitense e gli investimenti nelle tecnologie di elaborazione delle informazioni rappresenteranno probabilmente un importante fattore favorevole per il dollaro, prevediamo che il sostegno da parte della politica monetaria diminuirà con l'ulteriore riduzione dei tassi da parte della Fed. Con la scadenza del mandato del presidente Jerome Powell nel maggio 2026, l'indipendenza della Federal Reserve tornerà probabilmente al centro dell'attenzione. A nostro avviso, ciò porterà i mercati ad aspettarsi una politica monetaria più accomodante rispetto a quella sotto il presidente Powell, anche se l'inflazione rimarrà troppo elevata. Inoltre, non prevediamo un rafforzamento del dollaro sulla scia dell'aumento della volatilità in vista delle elezioni di medio termine negli Stati Uniti. A nostro avviso, un forte rimbalzo del dollaro richiederebbe una significativa ripresa della dinamica macroeconomica degli Stati Uniti. Tuttavia, questo non è il nostro scenario di base.

L'euro non è riuscito a mantenere il forte slancio registrato nella prima metà del 2025. Il momentum ciclico si è indebolito nell'area euro nella seconda metà del 2025 e la crisi politica in Francia ha pesato sulla valuta. Tuttavia, restiamo fedeli alla nostra previsione che il sostegno dovrebbe migliorare con l'erogazione del pacchetto fiscale tedesco nel 2026. La ripresa dell'attività economica nell'area euro dovrebbe portare a una convergenza della crescita con gli Stati Uniti. Prevediamo inoltre che il differenziale tra i tassi di riferimento della Fed e della BCE si ridurrà con l'avvicinarsi del prossimo anno, con la Fed pronta ad attuare ulteriori tagli dei tassi nel corso della transizione verso il 2026. Prevediamo anche che l'euro avrà un vantaggio relativo crescente rispetto al dollaro da un punto di vista strutturale, data l'erosione dello Stato di diritto negli Stati Uniti, che contrasta con l'indiscussa indipendenza politica della BCE.

Rimaniamo inoltre ottimisti sul franco svizzero. A giugno, la BNS ha tagliato il tasso di riferimento a zero e da allora ha segnalato che gli ostacoli per un taglio in territorio negativo sono elevati. La Svizzera si è adeguata allo shock die dazi USA più rapidamente del previsto. Riteniamo inoltre possibile che il prossimo anno gli Stati Uniti applichino dazi più bassi sui prodotti svizzeri, una volta raggiunto un accordo tra le due parti. Ciò implica una probabilità leggermente inferiore di ulteriori tagli dei tassi da parte della BNS e rafforza la nostra tesi secondo cui il ciclo di tagli dei tassi sarebbe giunto al termine. Di conseguenza, il differenziale tra il tasso di riferimento della BNS e quello delle altre principali banche centrali dovrebbe continuare a ridursi nel 2026, spingendo il franco svizzero gradualmente al rialzo. Diversi rischi potrebbero provocare un temporaneo overshooting della valuta svizzera, che probabilmente spingerebbe la BNS a riprendere gli interventi sul mercato valutario, come ha fatto all'indomani del “Liberation Day”. Tra questi rischi figurano il riacutizzarsi delle preoccupazioni sulla sostenibilità fiscale nell'area euro e l'aumento della volatilità in vista delle elezioni di medio termine negli Stati Uniti nel novembre 2026.

Al contrario, la sterlina dovrà affrontare crescenti difficoltà con l'avvicinarsi del 2026. Poiché prevediamo che la BoE ridurrà i tassi in modo più aggressivo rispetto alla BCE, ci aspettiamo che nel 2026 la sterlina subisca un calo rispetto all'euro, mentre dovrebbe mantenersi più stabile rispetto al dollaro.

Lo yen ha registrato una performance piuttosto mediocre quest'anno. La valuta ha registrato un'impennata all'inizio dell'anno, quando il differenziale di rendimento tra dollaro e yen si è ridotto, ma da allora ha ceduto gran parte dei guadagni ottenuti. L'inaspettata ascesa delle forze populiste nelle elezioni della Camera Alta giapponese a luglio e la nomina di Sanae Takaichi a primo ministro del Giappone a ottobre hanno entrambi indebolito lo yen. Sostenitrice dell'Abenomics, l'agenda politica del primo ministro Takaichi privilegia gli stimoli fiscali a sostegno della crescita interna, il che rappresenta una sfida per l'agenda di inasprimento monetario della BoJ. Nel complesso, prevediamo un leggero rafforzamento dello yen nel 2026, poiché la BoJ probabilmente aumenterà ulteriormente il tasso di riferimento, ma il potenziale di rialzo appare limitato.

Quest'anno l'oro ha registrato la sua migliore performance dal 1979, con un aumento di oltre il 50% da inizio anno. Gli afflussi verso gli ETF basati sull'oro hanno registrato un aumento significativo quest'anno, mentre gli acquisti delle banche centrali hanno subito un rallentamento. Nonostante la recente correzione, restiamo convinti che il contesto favorevole per il metallo prezioso rimanga intatto, sia nel medio che nel lungo termine. In primo luogo, l'incertezza geopolitica rimane elevata, come sottolineato dagli sviluppi relativi alla guerra in Ucraina e alla politica statunitense. In secondo luogo, l'oro rimane sottovalutato. Gli investitori precedentemente inattivi dovrebbero continuare a rivolgersi all'oro e ad aumentare le allocazioni, giustificando un prezzo dell'oro più elevato rispetto al passato. In terzo luogo, riteniamo che gli acquisti istituzionali dovrebbero rimanere un fattore chiave, poiché le banche centrali continuano a diversificare le riserve allontanandosi dagli asset in dollari. Più in generale, prevediamo che l'oro continuerà ad ampliare il suo ruolo di bene rifugio globale. Gli acquisti opportunistici durante le correzioni dovrebbero fornire un supporto all’oro. La crescente domanda da parte degli emittenti di stablecoin e la possibilità di un più ampio abbandono delle criptovalute rappresentano ulteriori rischi al rialzo. Sebbene il nostro scenario di base preveda il proseguimento del trend rialzista dell'oro, esistono anche dei rischi. Ad esempio, un significativo inasprimento della politica monetaria della Fed o un'importante inversione di rotta delle politiche statunitensi potrebbero compromettere il contesto favorevole all'oro.

 

 

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