TwentyFour AM: Prezzi del petrolio in calo, cosa significa per i mercati del credito

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A cura di Felicity Juckes, Portfolio Management, TwentyFour AM (boutique di Vontobel)

 

I prezzi del petrolio stanno scendendo da un po' e la maggior parte degli esperti pensa che rimarranno stabili o continueranno a calare fino al 2026. Si prevede che l'economia mondiale crescerà solo del 3% quest'anno, ma il settore manifatturiero continua a essere più debole di quello dei servizi; quindi, la domanda di petrolio rimane bassa. Per esempio, l'Energy Information Administration (EIA) stima che l'offerta globale supererà la domanda a un ritmo record. La debolezza dell’attività industriale in Europa dopo l'invasione russa dell'Ucraina nel 2022 ha influito sulla domanda, insieme alla lenta ripresa della Cina dopo il Covid. Negli Stati Uniti, i dazi hanno sollevato timori in merito a prospettive economiche meno rosee, soprattutto nel settore manifatturiero, e con il tipico calo stagionale della domanda nell'emisfero settentrionale durante l'inverno, i prezzi potrebbero scendere ancora.

Dal lato dell'offerta, la produzione sta aumentando perché l'OPEC ha allentato le restrizioni e diversi produttori stanno incrementando la loro attività. Soprattutto, gli Stati Uniti, con il “drill baby drill” del presidente Trump, insieme a Brasile, Canada e Guyana, hanno contribuito all'eccesso di offerta. L'EIA prevede che la produzione globale di greggio e combustibili liquidi aumenterà di circa 2,7 milioni di barili al giorno (bpd) nel 2025 e di ulteriori 1,3 milioni di bpd nel 2026, a fronte di una crescita della domanda di soli 1,1 milioni di bpd in entrambi gli anni. Di conseguenza, le scorte mondiali di petrolio dovrebbero aumentare di circa 2,6 milioni di bpd nel quarto trimestre del 2025 e di 1,9 milioni di bpd nel 2026.

 

Se i prezzi continueranno a essere bassi, i margini dei produttori di petrolio potrebbero andare sotto pressione. Sotto una certa soglia di “pareggio”, l'estrazione non è più conveniente e le aziende potrebbero decidere di aspettare che i prezzi salgano prima di riprendere la produzione. Il punto di pareggio varia molto a seconda del produttore e della zona, con soglie più basse per le grandi società integrate rispetto a quelle più piccole e meno diversificate. Shell, ad esempio, può sostenere il pagamento dei dividendi fintanto che il petrolio rimane sopra i 40 dollari al barile. Ithaca Energy, invece, un produttore del Mare del Nord con rating BB, punta a una stima di break-even compresa tra 30 e 50 dollari al barile, il che suggerisce una riduzione degli investimenti se i prezzi scendono al di sotto dei 50 dollari.

Un calo dei prezzi del petrolio dovrebbe in teoria dare un po' di sollievo alle industrie che impiegano tanta energia (energy intensive). I produttori chimici europei, per esempio, potrebbero avere un po' di respiro dopo anni di pressione competitiva dovuta ai costi energetici alti. Tuttavia, visto che il calo del prezzo del petrolio è in parte dovuto al rallentamento dell'attività industriale, il vantaggio netto sarà probabilmente limitato, perché il risparmio sui costi sarà compensato dal calo del fatturato. 

Considerato l’alto grado di incertezza e la probabilità di nuovi shock geopolitici o politici, come nuovi dazi o cambiamenti nell'offerta, preferiamo non avere esposizione a società che producono unicamente petrolio e il cui futuro dipende molto dai prezzi delle materie prime, una variabile che non possono controllare. Dal punto di vista degli investimenti obbligazionari nel comparto, vediamo maggior valore lungo la catena di produzione in settori come le condutture midstream e alcune società di servizi petroliferi che hanno modelli di business meno esposti alla volatilità dei prezzi delle materie prime a breve termine.

Nel segmento del credito high yield europeo, l'esposizione diretta al petrolio è ancora limitata, con le obbligazioni legate all'energia che rappresentano solo il 2% circa dell'indice Euro HY. Queste includono sia i produttori che i fornitori di servizi che offrono soluzioni di noleggio attrezzature, logistica e manutenzione. Mentre i guadagni a monte sono molto sensibili alle fluttuazioni dei prezzi, le società di servizi in genere beneficiano di una domanda più stabile e di contratti a più lungo termine, che aiutano ad assorbire la volatilità. Invece, il mercato high yield in USD ha un'esposizione maggiore, pari a circa l'11% dell'indice. Questo riflette principalmente il ruolo degli Stati Uniti come maggiore produttore di petrolio al mondo ed è potenzialmente un riflesso dei minori vincoli di capitale basati sui criteri ESG nel mercato americano rispetto a quello europeo.

Non è difficile prevedere che i tassi di insolvenza potrebbero salire in questo settore se i prezzi restassero bassi troppo a lungo. L'ultima volta che è successo è stato negli Stati Uniti tra il 2014 e il 2016. È stato un periodo difficile soprattutto per gli investitori HY, ma, visto il contagio generale, ha anche dato la possibilità di investire in società poco dipendenti dai prezzi del petrolio, ma che erano state penalizzate ingiustamente. Il tempo ci dirà se l'anno prossimo ci potrebbe verificarsi un altro episodio del genere.

 

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